
Victor Hugo. Immagine tratta dal web
I Miserabili di Victor Hugo è uno dei massimi capolavori della letteratura mondiale.
Non sto facendo una considerazione geniale né sto esprimendo il mio originale punto di vista. E neppure sto contribuendo a creare un nuovo canone condiviso della grande Letteratura. È patrimonio di tutti i lettori e di ogni lettore. Anche di chi ancora non ha letto questo straordinario romanzo.
Ma partire da quella semplice constatazione mi aiuta a dire quello che credo meriti di essere detto: la letteratura popolare ha avuto e ha un ruolo indiscutibile e importantissimo nella educazione culturale (e non solo) di una folla sterminata di uomini e donne.
Mi ha sempre affascinato contemplare, con gli occhi dell’immaginazione, la frenesia con la quale i primi lettori hanno inseguito e fatto proprie, nel giro delle poche ore successive all’uscita, le quasi 4000 copie della prima parte del romanzo. Doveva essere, mi pare, un giorno d’aprile del 1862.
Ancora più affascinante è immaginare la colletta che gli operai delle fabbriche e gli abitanti dei sobborghi organizzarono per comprare una copia del libro. E se poi si pensa alle lotterie organizzate per decidere a chi sarebbe andata (dopo che tutti l’avevano letta), allora c’è un pensiero che diventa luminoso come un faro nella notte: quel libro era una presenza necessaria. Leggerlo, un bisogno ineludibile. Possederlo, un dono del destino.
Lo è ancora oggi. Anzi, forse lo è di più.
Come quel libro di Stephen King (che non è Victor Hugo ma che è anche lui uno scrittore popolare capace di far muovere migliaia di uomini e donne per recarsi nella più vicina libreria il giorno stesso dell’ultimo “arrivo”) che ho finito di leggere sabato.
Peccato però che da allora io non abbia più letto nulla. E sono passati ormai la bellezza di tre giorni. Un tempo insostenibile senza un libro tra le mani.
È in effetti molto affascinante immaginare la colletta di operai che si vogliono comprare un libro importante. Sento la mancanza di gente comune che parli di libri, che li ami davvero. Mi sembra che ne parlino molto solo quelli che, in realtà, non hanno neanche il tempo di leggerli. Poi arrivano periodi, come questo che stiamo vivendo, in cui parlare di cultura diventa sul serio necessario. Ma quelli diventano afasici. O parlano troppo, e solo di cretinate.
Ma l’entusiasmo, ad esempio, la curiosità, la passione che ho visto in una mia alunna diciannovenne mentre in gita si andava in giro per mostre, o la voglia di scrivere, di leggere la letteratura, e di ascoltarmi mentre ne parlo, di un mio alunno ventenne, mi tolgono un po’ di amarezza.
Avviene lo stesso se leggo le tue parole.
"Mi piace""Mi piace"
Che dire ? nulla, perché hai detto magnificamente tutto tu. Posso solo aggiungere che leggere quel libro rende meno miserabili: forse è questo il segreto del suo successo. Per i tre giorni passati senza libri in mano ti auguro di dimenticarli presto. Un caro abbraccio.
"Mi piace""Mi piace"