Stephen King. Foto tratta dal web

La Letteratura non è la Vita. Di questa semplice ed essenziale verità si trova traccia ovunque ci sia qualche scrittore consapevole del proprio mestiere. Basterebbe pensare solo a Luigi Pirandello (il primo che viene alla mente) e alla sua convinzione per cui la Vita o la si vive o la si scrive, per cogliere in maniera definitiva questa irriducibilità.

Quando – e se – va bene, la Letteratura può invece solo cercare di raccontare qualcosa della Vita. Se poi va benissimo, allora dà l’impressione di tentare non il racconto di una vita, ma il racconto di ogni vita. E dunque anche di quella che ognuno di noi sente di vivere nel modo e nel mondo in cui vive.

Per questo l’odissea del lettore consiste nel cercare di muoversi sempre verso quel luogo, quel libro, quella storia dove trovare un approdo sicuro capace di fargli comprendere la vita standone, almeno per un po’, lontano. Lontano dalla tempesta. Come ci ha confessato, per il tramite di Umberto Eco, Tommaso da Kempis: In omnibus requiem quaesivi, et nusquam inveni nisi in angulo cum libro.

Ma quale sia quel libro (o quell’autore) a cui va tanto merito di aver fatto sperimentare momenti di pace perennemente desiderati e cercati in ogni modo e in ogni dove, né Tommaso da Kempis né Umberto Eco ci dicono.

Questo perché, come scrive Claudio Magris in Alfabeti, nella letteratura ci sono molte dimore e non occorre scegliere tra le voci contrastanti per poter decidere da che parte stare una volta per sempre. Se dalla parte di Kafka oppure da quella di Tolstoj. Se dalla parte di Canetti oppure da quella di Dostoevskij e così via.

Proprio per questo ognuno di noi cerca il racconto di quel mondo in cui vive tra le pagine che preferisce.

Nella Introduzione che ha scritto il 15 giugno del 2005 per una riedizione del suo secondo romanzo Le notti di Salem Stephen King dedica due righe al cantuccio di scrittore horror in cui da sempre è stato relegato (ma lui scrive bollato). Lo fa con leggerezza dicendo di non aver mai né confermato né smentito questa etichetta. Perché – e scrive proprio così – fondamentalmente non ha rilevanza quello che faccio. E la cosa comunque offre alle librerie una comoda collocazione dei suoi libri. Dunque, così è se vi pare.

Ma ciò che lascia un piacere sottile e che dunque va condiviso, è da ricercare nella pagina precedente quando, raccontando la genesi del suo romanzo, Stephen King si chiede e si risponde: Pensavo davvero di mescolare Dracula ai Racconti della Cripta e trarne Moby Dick? Sì, lo credevo.

Ecco. Un altro scrittore con piena coscienza di sé. Perché sa che mescolare è meglio che separare. Sa che può prendere parte per Bram Stoker e per Herman Melville. Le dimore sono tante. Non c’è bisogno di negarne nessuna per sentirsi a casa. Nella Letteratura come nella Vita.