Norberto Bobbio. Foto tratta da Repubblica.it

Nei testi che riguardano il rapporto tra etica e politica, ora raccolti in un bel Meridiano Mondadori, Norberto Bobbio si sofferma tra le altre cose su una questione che ha sempre rischiato di essere problematica.

E il problema è davvero grave perché, scrive Bobbio, il senso comune sembra pacificamente aver accettato che l’uomo politico può comportarsi in modo difforme dalla morale comune. Come dire “che un atto illecito in morale può essere considerato e apprezzato come lecito in politica”.

Non voglio scomodare Niccolò Machiavelli – e neppure tutti i decenni di teoria (come dovrebbe comportarsi un politico) e di prassi (come si comporta un politico) che hanno accompagnato e che accompagnano questo tempo che noi stiamo sperimentando – per cercare di confermare o di confutare le preoccupate perplessità di quel gigante della cultura che è Bobbio.

Però una notizia letta per caso in queste ore mi fa tornare alla mente il bellissimo personaggio del racconto Bartleby lo scrivano di Herman Melville.

Assunto come copista presso uno studio legale Bartleby sembra dare buona prova delle sue capacità fino al momento in cui il suo superiore (che è il narratore della storia) lo chiama chiedendogli di esaminare un documento.

In quell’esatto momento accade ciò che trasforma Bartleby da semplice creazione romanzesca a personaggio letterario immortale. E tutto per merito della risposta che, con voce singolarmente mite ma ferma, dà al suo superiore: Avrei preferenza di no.

Tutti alla prima lettura siamo indotti a pensare, come del resto ha pensato in quel momento il suo datore di lavoro, che Bartleby non abbia capito bene la richiesta. E invece no. Ha proprio capito bene e la sua risposta è inequivocabile: Avrei preferenza di no.

Non so se quei deputati del maggior partito di opposizione che erano assenti venerdì scorso, 21 giugno, alla Camera, mentre si votava il Decreto crescita, abbiano in cuor loro risposto – a ciò che pure sarebbe stato per loro un lavoro, il loro lavoro – come Bartleby. Forse che sì. Forse che no. Non mi chiedo neppure che posto questo accadimento possa trovare nella discussione sul rapporto tra etica e politica. E se può essere un altro segnale, tra i mille, dello svilimento del nostro istituto parlamentare. Mi piacerebbe invece tanto sapere cosa ne penserebbe Norberto Bobbio. Magari nei prossimi giorni, con un po’ di fortuna, riuscirò a trovare qualcosa tra le sue pagine.

Ora voglio finire di rileggere quel bel libro di John Kennedy Toole che, letto la prima volta nel 2002, mi lasciò di sasso. Un romanzo la cui pubblicazione ha qualcosa di leggendario. Tradotto in italiano dal grandissimo Luciano Bianciardi. Il titolo: Una banda di idioti. Marcos y Marcos editore.