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Forse può sembrare inopportuno richiamare un testo pensato e scritto in relazione a un fatto accaduto qualche settimana fa. La nostra attuale realtà politica però, con la sua coazione a ripetere, si fa ironicamente beffe dell’immaginazione e del buon senso.

Nel post Avrei preferenza di no era il riferimento a Norberto Bobbio che guidava un tentativo di riflessione. Al centro, il rapporto tra etica e politica che Bobbio analizza in una serie di testi ora raccolti in un bel Meridiano Mondadori. In particolare il filosofo si sofferma tra le altre cose su una questione che ha sempre rischiato di essere problematica.

E il problema è davvero grave perché, scrive Bobbio, il senso comune sembra pacificamente aver accettato che l’uomo politico può comportarsi in modo difforme dalla morale comune. Come dire “che un atto illecito in morale può essere considerato e apprezzato come lecito in politica”.

Non voglio scomodare Niccolò Machiavelli – e neppure tutti i decenni di teoria (come dovrebbe comportarsi un politico) e di prassi (come si comporta un politico) che hanno accompagnato e che accompagnano questo tempo che noi stiamo sperimentando – per cercare di confermare o di confutare le preoccupate perplessità di quel gigante della cultura che è Bobbio.

Però scomodo Thomas Mann e il suo saggio intitolato Politica e incluso nelle Considerazioni di un impolitico che, scrive Claudio Magris, “irritano, stancano, intasano, aggrediscono e urtano senza riguardi, hanno la qualità del vero libro che, diceva Kafka, colpisce come un pugno”.

Mann cerca di analizzare il rapporto tra estetica e politica. E lo fa ricorrendo agli esempi autorevoli, affascinanti, chiarificatori di un gran numero di scrittori e di intellettuali a vario titolo. Tra cui anche qualche personaggio politico. Da Flaubert a Tolstoj, da Nietzsche a Bismarck, da Lutero a Heine, da Mazzini a George Bernard Shaw. Così, per citarne solo alcuni e alla rinfusa. Dalla lettura se ne esce un po’ tramortiti, anche per la grande accuratezza – che sfiora l’acribìa – con cui Mann si sofferma su concetti, teorie, proposizioni. Cos’è, per esempio, lo Stato di popolo. Qual è – e se c’è – il rapporto che lega istanze popolari a istanze democratiche. Il rapporto tra libertà e dovere. E così via.

Ognuno può ricavare da questa lettura una propria opinione sul rapporto tra politica ed estetica. Se la politica può salvare l’estetismo. O se essere politico è l’unico modo per non essere esteta.

Ora, in un tentativo più disperato che buffo di cercare se ci sia una qualche bellezza residua nella nostra democrazia parlamentare, la risposta è nel vento. Drammaticamente nel vento. Perché dopo aver sospettato la mancanza di senso del dovere parlamentare (che in una democrazia come la nostra è senso di dovere verso il Paese), considerare quanto poco senso estetico guidi moltissimi parlamentari lascia ancora più perplessi.

Rimane ancora una cosa da poter fare per cercare una risposta che abbia senso. Rileggere con più attenzione le pagine di Thomas Mann e, a costo di ritrovarsi di fronte a tutte quelle cose potenzialmente urticanti e sgradite che vi sono dentro, trovare una giustificazione. Che sia estetica ma che sia soprattutto politica.

Per ora, prima di ritentare la lettura, non ne trovo alcuna. Se non il sospetto che le assenze varie e importanti del M5S al discorso che Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio dei Ministri, ha tenuto mercoledì 24 luglio in Senato circa i presunti fondi russi alla Lega, siano un fuggire dal proprio dovere. A quelle assenze fa da ottimo corollario anche l’affermazione del Ministro dell’Interno circa il valore (mi pare che abbia detto, secondo quanto riportato da molti organi di informazione, prossimo allo zero o qualcosa del genere) che lui assegna a quanto detto dal proprio (e di tutti gli italiani) capo del Governo.

Ma cosa ci raccontano, assenze e affermazione? Temo una cosa in particolare. Lo strisciante e inquietante antiparlamentarismo con cui, purtroppo, ci troviamo a fare i conti.

Torna di nuovo in mente la voce singolarmente mite ma ferma con cui Bartleby risponde alle richieste del suo superiore: “Avrei preferenza di no”.

Ma di fronte a Bartleby rimaniamo divertiti, per quanto un po’ perplessi. Non certo indignati e preoccupati.

Avrei preferenza di no
21 giugno 2019: i deputati del maggior partito di opposizione sono assenti alla Camera, mentre si vota il Decreto crescita